Il giorno fu pieno di lampi;
ma
ora verranno le stelle,
le
tacite stelle. Nei campi
c’è
un breve gre gre di ranelle.
Le
tremule foglie dei pioppi
trascorre
una gioia leggiera.
Nel
giorno, che lampi! che scoppi!
Che
pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel
cielo sì tenero e vivo.
Là,
presso le allegre ranelle,
singhiozza
monotono un rivo.
Di
tutto quel cupo tumulto,
di
tutta quell’aspra bufera,
non
resta che un dolce singulto
nell’umida
sera.
È, quella infinita tempesta,
finita
in un rivo canoro.
Dei
fulmini fragili restano
cirri
di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La
nube nel giorno più nera
fu
quella che vedo più rosa
nell’ultima
sera.
Che voli di rondini intorno!
che
gridi nell’aria serena!
La
fame del povero giorno
prolunga
la garrula cena.
La
parte, sì piccola, i nidi
nel
giorno non l’ebbero intera.
Né io... e che voli, che gridi,
mia
limpida sera!
Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi
cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi!
bisbigliano, Dormi!
là,
voci di tenebra azzurra...
Mi
sembrano canti di culla,
che
fanno ch’io torni com’era...
sentivo
mia madre... poi nulla...
sul
far della sera.
Giovanni Pascoli
***